Il lavoratore deve agire per la tutela dei propri diritti entro determinati temini di prescrizione, stabiliti dalla legge.
Se il lavoratore rimane inerte, una volta decorso il termine di prescrizione, il diritto "si estingue".
Va precisato che se il lavoratore agisce in giudizio dopo che sia decorso il termine di prescrizione, sarà comunque onere del datore di lavoro eccepire l'avvenuta prescrizione. Se il datore solleva tempestivamente l'eccezione di prescrizione, il ricorso del lavoratore verrà rigettato. Qualora tuttavia il datore non sollevi tempestivamente tale eccezione, la domanda del lavoratore potrà essere accolta, se il suo diritto risulterà fondato nel merito.
La legge prevede i seguenti termini di prescrizione:
- cinque anni per i crediti aventi natura retributiva (retribuzione mensile, quindicinale, settimanale oppure per le mensilità aggiuntive), in base all’articolo 2948 del Codice civile;
- cinque anni per i crediti relativi alle indennità derivanti dalla cessazione del rapporto di lavoro e per il credito derivante dalle differenze retributive spettanti per la qualifica superiore (Cassazione, sentenza del 6 aprile 2005, n.7116);
- dieci anni per far valere diritti relativi al passaggio di qualifica ed al diritto al risarcimento del danno contrattuale ivi compreso il diritto al risarcimento del danno per omesso versamento contributivo totale o parziale;
- dieci anni per le erogazioni una tantum.