La violazione degli obblighi di assistenza familiare costituisce un reato ai sensi dell'articolo 570 del Codice penale.
La norma infatti prevede:
"Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni.Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
- malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge;
- fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge".
Va ben evidenziato che, affinchè sussista il reato, non è sufficiente la mera inosservanza di quanto previsto dal giudice civile.
L'articolo 570, infatti, non ha carattere sanzionatorio del mero inadempimento del provvedimento del giudice civile (Cassazione, sentenza n. 40708/2006).
La Cassazione ha precisato in più occasione che, in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, non vi è interdipendenza tra il reato di cui all'articolo 570 comma 2 n. 2 del Codice penale e l'assegno liquidato dal giudice civile, sia che tale assegno venga corrisposto, sia che non venga corrisposto agli aventi diritto.
L'illecito in questione è rapportato unicamente alla sussistenza dello stato di bisogno dell'avente diritto alla somministrazione dei mezzi indispensabili per vivere e al mancato apprestamento di tali mezzi da parte di chi, per legge, vi è obbligato.
L'ipotesi delittuosa in questione, pur avendo come presupposto l'esistenza di un'obbligazione alimentare, non ha carattere sanzionatorio dell'inadempimento del provvedimento del giudice civile che fissa l'entità dell'obbligazione, con la conseguenza che l'operatività o meno di tale provvedimento non rileva ai fini della configurabilità del reato.
Tanto è vero che il provvedimento del giudice civile non fa stato nel giudizio penale né in ordine alle condizioni economiche del coniuge obbligato, né per ciò che riguarda lo stato di bisogno degli aventi diritto ai mezzi di sussistenza, circostanze queste che devono essere accertate in concreto (Cassazione, sentenza n. 3450/98).
Bisogna quindi accertare se, per effetto della mancata corresponsione dell'assegno stabilito in sede civile, siano venuti a mancare ai beneficiari i mezzi di sussistenza.
Cosa si intende allora per "mezzi di sussistenza"?
La nozione comprende solo ciò che è strettamente necessario per la sopravvivenza dei familiari dell'obbligato in un certo periodo storico (vestiario, cibo, abitazione).
Si tratta quindi di un concetto ben più ristretto del "mantenimento".
Ci si chiede a questo punto se il reato sussiste nel caso in cui i mezzi di sussistenza siano comunque garantiti dall'altro coniuge.
Al riguardo vi sono due orientamenti.
Secondo il primo orientamento, il reato si configura comunque (Cassazione, sentenza n. 10216/98, secondo cui: "In tema di obblighi di assistenza familiare, entrambi i genitori sono tenuti a ovviare allo stato di bisogno del figlio che non sia in grado di procurarsi un proprio reddito. Commette pertanto il reato di cui all'art. 570 c.p., il genitore che non adempie a tale obbligo; né lo stato di bisogno può ritenersi soddisfatto se al mantenimento provveda in via sussidiaria l'altro genitore, specialmente se quest'ultimo non abbia risorse ordinarie e per tale motivo non possa compiutamente provvedervi, incontrando difficoltà nel mantenimento del minore").
In base al secondo orientamento, invece, il reato non sussiste non essendo venuti meno i mezzi di sussistenza per il familiare beneficiario (Cassazione, sentenza n. 36190/2010, secondo cui il reato ricorre solo se l'effetto pratico del mancato versamento del mantenimento è quello di mettere "sul lastrico" l'ex coniuge e/o la prole, ossia "allorché l'omissione totale o parziale del versamento faccia mancare i mezzi di sussistenza ai beneficiari dell'assegno". Di conseguenza, non incorre in responsabilità penale il genitore che nega l'assegno "qualora la capacità economica del coniuge affidatario, non indigente, sia sufficiente a garantirgli i mezzi di sussistenza").
D'altra parte bisogna accertare se l'obbligato sia effettivamente in grado di provvedere all'obbligo in questione secondo le proprie risorse (Cassazione, sentenza n. 8419/97, secondo cui: "In tema di violazione degli obblighi di assistenza per aver fatto mancare ai familiari i mezzi di sussistenza, la mancata corresponsione dell'assegno stabilito dal giudice civile non è sufficiente a dimostrare la responsabilità penale in assenza della prova che in ragione dell'omissione siano venuti meno ai familiari i mezzi di sussistenza e che l'obbligato sia in condizione di corrispondere quanto dovuto o quantomeno che tale disponibilità sia venuta meno per colpa dello stesso obbligato").
Se infatti l'obbligato non ha adeguate capacità economiche, viene meno la configurabilità del reato per il principio ad impossibilia nemo tenetur (Cassazione, sentenza n. 37419/2001; Cassazione, sentenza n. 7806/98, secondo cui: "in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare la condizione di impossibilità economica dell'obbligato vale come scriminante soltanto se essa si estenda a tutto il periodo di tempo nel quale si sono reiterate le inadempienze e se consista in una situazione incolpevole di indisponibilità di introiti sufficienti a soddisfare le esigenze minime di vita degli aventi diritto"; Cassazione, sentenza n. 10539/97, secondo cui: "per la sussistenza del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, di cui all'art. 570 comma 2 n. 2 c.p., deve concorrere, oltre allo stato di effettivo bisogno del soggetto passivo, anche la disponibilità di risorse sufficienti da parte dell'obbligato, con la conseguenza che la impossibilità assoluta di somministrare i mezzi di sussistenza esclude il reato, quando sia derivata da un evento che il soggetto sia costretto a subire e che sia tale da rendere inevitabile una certa condotta, escludendone la punibilità in virtù della causa di giustificazione della forza maggiore - nella fattispecie, lo stato di detenzione del soggetto obbligato - ex art. 45 c.p.").
Ovviamente lo stato di indigenza dell'obbligato, per valere come scriminante del reato in questione, deve essere incolpevole.
Pertanto, qualora l'obbligato deduca di essere disoccupato, si dovrà accertare se tale stato di disoccupazione sia reale o fittizio, o se siato stato indotto appositamente con lo scopo di sottrarsi all'obbligo in questione e alle conseguenti responsabilità (Cassazione, sentenza n. 27245/02, secondo cui: "Il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, di cui all'art. 570 c.p., non è escluso dalla circostanza che il reo sia disoccupato, a meno che la disoccupazione sia incolpevole").