Nel corso di una separazione o divorzio è possibile che un coniuge trasferisca o (più frequentemente) si obblighi a trasferire all'altro coniuge la proprietà della casa familiare a titolo di mantenimento.
Tale trasferimento, sia che venga disposto direttamente con la sentenza che chiude il procedimento, sia che si realizzi con un successivo atto notarile (che faccia comunque riferimento agli obblighi assunti in sede di separazione o divorzio) non è soggetto alle imposte e tasse altrimenti previste per i trasferimenti immobiliari (ossia le imposte di registro, ipotecaria e catastale).
Ciò in forza dell'articolo 19 della Legge n. 74/1987, con riferimento a tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (ossia il divorzio).
Va subito precisato che la norma, pur riferendosi esclusivamente al divorzio, si applica anche nel caso di "separazione", in base alla sentenza della Corte Costituzionale del 10 maggio 1999, n. 154, che ha equiparato il trattamento fiscale degli atti relativi al divorzio a quelli relativi alla separazione (afferma la Corte: "se l’agevolazione é stata predisposta per garantire una tutela economico-patrimoniale alla famiglia nel momento in cui si scioglie definitivamente, appare maggiormente doveroso estendere l’esenzione al procedimento di separazione, a seguito del quale il rapporto di coniugio si attenua ma non cessa del tutto").
I trasferimenti in favore dei figli
L'esenzione si applica pacificamente ai trasferimenti operati da un coniuge in favore dell'altro coniuge.
La questione è invece più problematica nel caso di trasferimenti operati dai coniugi in favore dei figli.
In questo caso l'Agenzia delle Entrate esclude l'esenzione fiscale, ritenendo che l'atto con il quale uno o entrambi i coniugi cedono ai figli i diritti su un immobile, pur nell'ambito di un procedimento di separazione o divorzio, non trovi causa giuridica nella sistemazione dei rapporti patrimoniali fra i coniugi al momento della crisi del matrimonio, bensì in un intento di liberalità nei confronti di un soggetto terzo (i figli).
Tale circostanza non è strettamente e funzionalmente collegata con lo scioglimento del matrimonio o con la separazione, come vorrebbe l'articolo 19 citato, e pertanto non potrà essere applicato il relativo beneficio fiscale (Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso della Risoluzione n. 151/E del 19 ottobre 2005).
Sul punto la giurisprudenza è di parere opposto, ritenendo che le agevolazioni fiscali previste dall'articolo 19 siano applicabili anche ai trasferimenti operati al momento della separazione o divorzio in favore dei figli, in quanto comunque finalizzati alla sistemazione degli interessi familiari (Corte costituzionale, sentenza del 10 maggio 1999, n. 154 e sentenza del 15 aprile 1992, n. 176; Cassazione, sezione tributaria, sentenza del 30 maggio 2005, n. 11458, secondo cui l'articolo 19 della Legge del 6 marzo 1987, n. 74 deve essere interpretato nel senso che l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa di "tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio" si estende "a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi", in modo da garantire l’adempimento delle obbligazioni che i coniugi separati hanno assunto per conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici, anche con atti i cui effetti siano favorevoli ai figli).