Nel caso di licenziamento per motivo ritorsivo, il lavoratore può ricorrere in Tribunale affinchè il detto licenziamento sia dichiarato nullo per la sua natura discriminatoria.
Il lavoratore dovrà dimostrare non solo il carattere ritorsivo del provvedimento datoriale, ma anche che l'intento ritorsivo sia stato il motivo determinante del licenziamento stesso, anche rispetto agli altri eventuali fatti idonei a configurare un'ipotesi di legittima risoluzione del rapporto (Cassazione, sentenza del 9 marzo 2011, n. 5555).
Per dimostrare la sussistenza del motivo discriminatorio del licenziamento non è sufficiente la generica allegazione di circostanze solo in astratto rilevanti, quali la carica sindacale o l'attività sindacale svolta.
Occorre piuttosto l'indicazione e la dimostrazione di elementi idonei a dimostrare la sussistenza di un rapporto di causalità fra le circostanze dedotte e l'asserito intento di rappresaglia, in difetto del quale deve escludersi il carattere discriminatorio del licenziamento.
Chiaramente si tratta di una prova molto difficile.
Al riguardo si ammette anche la prova per presunzioni di cui agli articoli 2727-2729 del Codice civile (Cassazione, sentenza del 16 maggio 2000, n. 6366).