La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di licenziamento per riduzione del personale, il datore di lavoro non è completamente libero nella scelta del lavoratore (o dei lavoratori) da licenziare in quanto tale scelta deve essere improntata a criteri di correttezza e buona fede, cui deve essere informato ogni comportamento delle parti del rapporto obbligatorio e quindi anche il recesso di una di esse (Cassazione, sentenza del 23 ottobre 2013, n. 24037).
In particolare la scelta del lavoratore da licenziare deve basarsi sui criteri definiti dai contratti collettivi, che vanno dall’anzianità ai carichi di famiglia. Nel caso esaminato dalla Corte, tali criteri non erano stati rispettati dal datore di lavoro, per cui il licenziamento è stato dichiarato illegittimo. Nella stessa pronuncia, la Cassazione ribadisce anche il principio per cui, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, la scelta dell'imprenditore non è sindacabile dal giudice, quanto ai profili della sua congruità ed opportunità, salvo comunque il rispetto dei criteri sopra detti. Il giudice, quindi, ha solo il compito di riscontrare nel concreto, e senza ingerenza alcuna nelle valutazioni di congruità e di opportunità economiche, la genuinità del motivo oggettivo indicato a giustificazione del licenziamento (ossia la sua effettività e non pretestuosità), il nesso di causalità tra tale motivo e il recesso e il rispetto dei criteri di scelta indicati nei contratti collettivi.