In sede di separazione e divorzio, il giudice è chiamato ad accertare la capacità economica dei genitori al fine della determinazione dell'assegno di mantenimento dei figli minori.
Tale accertamento non si basa esclusivamente sulle risultanze delle dichiarazioni fiscali dei redditi, alle quali deve essere attribuito un valore solo indiziario.
Il giudice, infatti, dispone di ampio potere istruttorio giustificato dalla finalità pubblicistica della materia, che gli consente di procedere ad adeguata verifica delle condizioni patrimoniali delle parti e delle esigenze di vita dei figli, anche a prescindere dalla prova addotta dalla parte istante (Corte di Cassazione, sentenza del 17 febbraio 2011, n. 3905).
La Cassazione inoltre ha precisato, in materia di divorzio, che "Il riconoscimento del diritto all'assegno <....> , quanto all'an debeatur, si basa sulla verifica dell'adeguatezza dei mezzi della stessa alla conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e dell'impossibilità di procurarseli, fondata su valutazione comparativa della situazione reddituale e patrimoniale della famiglia tra la condizione attuale e quella in cui il nucleo versava durante il matrimonio".
Il giudice, quindi, potrà prendere in considerazione per quantificare l'assegno divorzile parametri quali: il tipo d'attività e di qualificazione professionale del coniuge, la sua collocazione sociale e familiare, le potenzialità connesse all'esercizio di quell'attività, l'entità oggettiva degli immobili di cui egli risulti proprietario, nonché le eventuali partecipazioni societarie.
Si tratta di elementi tutti valutabili in aggiunta alle risultanze delle dichiarazioni dei redditi prodotte che, attesa la loro funzione tipicamente fiscale, non hanno valore vincolante, potendo piuttosto essere valutate discrezionalmente, e quindi disattese alla luce delle altre risultanze probatorie (Cassazione sentenze n. 9876/2006 e n. 18241/2006).