Lo straniero che non lascia il territorio nazionale nel termine stabilito dal Questore non commette più reato.
Con la recentissima sentenza del 28 aprile 2011 la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato incompatibile con la Direttiva "rimpatri" le disposizioni del diritto italiano che puniscono con la reclusione il mancato ottemperamento all'ordine del Questore di lasciare il territorio italiano.
In particolare si tratta dell'articolo 14, commi 5 ter e 5 quater, del Decreto Legislativo n. 286/1998.
Tali norme sarebbero in contrasto con il disposto degli articoli 15 e 16 della direttiva 2008/115/CE, non ancora attuata nell'ordinamento italiano nonostante l'intervenuta scadenza, il 24 dicembre 2010.
Precisamente gli articoli 15 e seguenti della direttiva disciplinano i casi e le modalità alle quali il cittadino di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare può essere sottoposto, negli Stati membri dell'U.E., alla misura privativa della libertà della libertà personale del trattenimento durante la procedura di rimpatrio.
Tale misura può essere disposta per preparare il rimpatrio o l'allontanamento, nei soli casi in cui non possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive, allorché sussista un rischio di fuga ovvero allorché lo straniero eviti od ostacoli la preparazione del rimpatrio o l'allontanamento. Il trattenimento deve avere una durata quanto più breve possibile, ed essere in ogni caso mantenuto solo per il tempo necessario all'espletamento delle modalità di rimpatrio.
La direttiva citata, dunque, prevede le condizioni tassative in presenza delle quali gli Stati membri possono lecitamente privare lo straniero sottoposto alla procedura di rimpatrio della propria libertà personale; condizioni che lo Stato membro è libero di derogare soltanto in senso più favorevole per lo straniero (articolo 4, paragrafo 3 della direttiva), e mai in senso a questi più sfavorevole.
Gli articoli 15 e 16 della direttiva, invero, nulla dispongono espressamente circa la possibilità che lo Stato membro della U.E. possa privare lo straniero della propria libertà, durante la procedura di rimpatrio, in forza di un titolo diverso dal "trattenimento" finalizzato a garantire l'effettività della procedura medesima e segnatamente a titolo di custodia cautelare e/o di pena detentiva conseguente alla commissione di un reato.
In altre parole, l'aver previsto una sanzione penale alla mancata ottemperanza all'ordine di allontanamento fa sì che nella ordinaria procedura – amministrativa – di espulsione si inserisca una conseguenza – la pena – che porta con sé la privazione della libertà personale (dall'arresto alla custodia cautelare e poi alla pena detentiva) che ha premesse e caratteristiche del tutto diverse dalle forme di restrizione della libertà che la direttiva prevede nella procedura di espulsione, a partire dalla sua astratta entità (da uno a quattro anni di reclusione nel caso di inottemperanza al "primo" ordine del Questore, e da uno a cinque anni in caso di inottemperanza ad ordini successivi) fino alla sua pratica esecuzione (in carcere e non in centri di permanenza temporanea).
Sulla base di tali argomentazioni, la Corte di Giustizia ha ritenuto che gli Stati membri non possano introdurre una pena detentiva, come quella prevista all'articolo 14, comma 5‑ter, del Decreto Legislativo n. 286/1998, solo perché un cittadino di un paese terzo ha violato l'ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro, restando in maniera irregolare nel territorio nazionale (afferma infatti la Corte: "La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, in particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l'irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo").