È quanto affermato dalla Corte di Appello di Lecce con sentenza n. 2260 del 2004, per la quale l'utilizzo del telefono cellulare aziendale per fini personali è tale da far venir meno la fiducia del datore di lavoro nell'operato del dipendente e, pertanto, giustifica il licenziamento.
Ciò è vero anche se tale comportamento non è espressamente previsto dai contratti collettivi come giusta causa di licenziamento.
Va precisato, infatti, che l'elencazione delle giuste cause contenuta nei contratti collettivi non è tassativa ma meramente esemplificativa e non esclude, perciò, la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per altro grave comportamento del lavoratore, contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile.
L'unica condizione indefettibile è che tale grave inadempimento o tale grave comportamento abbia fatto venir meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore (Cassazione, sentenza n. 2906/2005; n. 16260/2004; n. 5372/2004).
In tale caso, infatti, ricorrerebbe l'ipotesi di cui all'articolo 2119 del Codice Civile, secondo cui ciascuna parte può recedere dal contratto di lavoro qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto.
In sede di giudizio, il Giudice dovrà motivare adeguatamente le ragioni per cui ritiene venuto meno il rapporto di fiducia, tenendo conto dell'illiceità e della gravità del fatto, nonchè dell'entità del danno causato dal lavoratore.
Se la sentenza non contiene una motivazione sufficiente sul punto, è possibile ricorrere in Cassazione, contestando l'illegittimità della decisione del Giudicante.
Nel caso esaminato, ad esempio, la Cassazione ha ritenuto sufficientemente motivata la sentenza della Corte di Appello di Lecce, rigettando il ricorso del lavoratore che sosteneva che il fatto non integrasse una giusta causa di licenziamento.