La Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui la violazione del complesso dei doveri facenti capo al genitore naturale, cui corrispondono diritti inviolabili e primari della persona del destinatario costituzionalmente garantiti (articoli 2 e 30 della Costituzione), comporta la sussistenza di un illecito civile (Cassazione, sentenza del 10 aprile 2012, n. 5652).
L'illecito endofamiliare è sanzionato non soltanto attraverso le misure tipiche previste dal diritto di famiglia, ma anche dall'obbligo di risarcimento dei danni non patrimoniali, sancito in via generale dall'articolo 2059 del Codice civile.
In particolare, il disinteresse dimostrato dal genitore naturale verso il figlio, manifestatosi per lunghi anni e connotato, quindi, dalla violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, determina una lesione dalle conseguenze rimarchevoli ed ineliminabili rispetto a quei diritti che, scaturendo dal rapporto di filiazione, trovano tutela nella Carta costituzionale e nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento.
Né la pronuncia di riconoscimento della paternità naturale o la proposizione della relativa domanda costituiscono presupposti della responsabilità aquiliana scaturente dalla violazione dei doveri inerenti al rapporto di filiazione, in quanto l'obbligo del genitore naturale di concorrere nel mantenimento del figlio sorge con la nascita del medesimo.