L'articolo 3, comma 8, del Decreto Legislativo n. 23/2011 aveva previsto, nel caso di omessa registrazione del contratto di locazione nel termine di legge, le seguenti conseguenze:
- la durata quadriennale del contratto, con rinnovo automatico alla scadenza per altri quattro anni;
- l'applicazione di un canone pari al triplo della rendita catastale, oltre alla rivalutazione annuale istat in misura pari al 75%, sempre che le parti non abbiano previsto un canone inferiore.
Il successivo comma 9 prevedeva inoltre che tali disposizioni si applicano anche ai contratti di locazioni registrati, ma recanti un canone inferiore a quello effettivo, e ai contratti di comodato fittizio.
Orbene, tali norme sono stati dichiarate incostituzionali dalla Corte Costituzionale, con sentenza del 14 marzo 2014, n. 50, per eccesso di delega.
La Corte infatti osserva che con la Legge delega n. 42/2009 il Parlamento ha inteso introdurre “disposizioni volte a stabilire in via esclusiva i principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, a disciplinare l’istituzione ed il funzionamento del fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante nonché l’utilizzazione delle risorse aggiuntive e l’effettuazione degli interventi speciali di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione perseguendo lo sviluppo delle aree sottoutilizzate nella prospettiva del superamento del dualismo economico del Paese”.
Accanto a ciò, l’obiettivo dichiarato è quello di disciplinare “i principi generali per l’attribuzione di un proprio patrimonio a comuni, province, città metropolitane e regioni”, dettando “norme transitorie sull’ordinamento, anche finanziario, di Roma capitale”.
Si tratta, dunque, di un ambito normativo rispetto al quale il tema di cui alla disciplina denunciata risulta del tutto estraneo, essendo questa destinata ad introdurre una determinazione legale di elementi essenziali del contratto di locazione ad uso abitativo (canone e durata), in ipotesi di ritardata registrazione dei contratti o di simulazione oggettiva dei contratti medesimi, pur previste ed espressamente sanzionate nella disciplina tributaria di settore.
Il tema della lotta all’evasione fiscale, che costituisce un chiaro obiettivo dell’intervento normativo in discorso, non può essere configurato anche come criterio per l’esercizio della delega: il quale, per definizione, deve indicare lo specifico oggetto sul quale interviene il legislatore delegato, entro i previsti limiti. Né il riferimento alle «forme premiali» anzidette può ritenersi in alcun modo correlabile con il singolare meccanismo «sanzionatorio» oggetto di censura.
Per tali motivi, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 3, commi 8 e 9, del Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23.