Non vi è una definizione precisa di "giusta causa".
La legge, infatti, si limita a definire genericamente come giusta causa di licenziamento quella che non consente la prosecuzione anche provvisoria del rapporto, ossia neppure per il periodo di preavviso.
L'articolo 2119 del Codice Civile, rubricato "Recesso per giusta causa" recita: "Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità indicata nel secondo comma dell'articolo precedente. Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda".
Spetta al Giudice di merito (ossia al Tribunale ed alla Corte di Appello; non alla Corte di Cassazione) verificare di volta in volta se il comportamento tenuto dal lavoratore sia stato tale da ledere il rapporto fiduciario con il datore.
In quasta valutazione il Giudice deve tener conto non solo del contenuto oggettivo della condotta, ma anche della sua portata soggettiva, con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è posta in essere, ai suoi modi, ai suoi effetti e all’intensità dell’elemento psicologico dell’agente.
Solo all'esito di questo esame, se l'addebito risulta oggettivamente e soggettivamente idoneo a ledere in modo grave la fiducia che il datore di lavoro ripone nel proprio dipendente, può ritenersi legittimo il licenziamento.
Il rapporto fiduciario tra le parti può essere compromesso sia da inadempimenti contrattuali che da fatti extracontrattuali che possano influire sulla reputazione o sull’interesse dell’azienda, anche in assenza di un danno patrimoniale.
A titolo esemplificativo, potrebbero integrare una giusta causa di licenziamento, sempre se ledono in maniera grave la fiducia del datore:
- l’utilizzo del congedo parentale per finalità diverse dalla cura della prole
- offese e minacce pronunciate dal lavoratore verso il datore di lavoro (Cassazione, sez. lavoro, sentenza del 10 febbraio 2009, n. 6569)
- utilizzo del telefono aziendale per fini personali
- l'imputazione di gravi reati potenzialmente incidenti sul rapporto fiduciario
- la reiterata insubordinazione da parte del lavoratore ad un ordine legittimo del datore di lavoro