Dal 25 febbraio è entrato in vigore il decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11 (convertito in Legge 23 aprile 2009, n. 38), che ha introdotto il reato di "atti persecutori", espressione con cui si è tradotto il termine di origine anglosassone to stalk, (letteralmente "fare la posta") da cui "stalking", con il quale si vuol far riferimento a quelle condotte persecutorie e di interferenza nella vita privata di una persona.
L'introduzione di questo reato è motivata dalla esigenza di tutelare le vittime di molestie insistenti e fornire loro degli strumenti per prevenire la violenza sessuale e gli omicidi passionali.
La condotta tipica è costituita dalla reiterazione di minacce o di molestie tali da provocare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto.
La persona che si ritiene offesa da molestie o minacce insistenti può presentare alla Polizia formale querela oppure può avanzare richiesta di ammonimento nei confronti del molestatore.
La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore che assume informazioni dagli organi investigativi e sente le persone informate dei fatti. Se ritiene fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Se il soggetto ammonito continua a molestare la sua vittima, si procede d'ufficio contro di lui (ossia senza necessità della querela) e la pena è aggravata di almeno un terzo.
Quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato di cui all'articolo 612-bis, l'autorità di pubblica sicurezza, su autorizzazione del pubblico ministero che procede, diffida formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti persecutori.
La pena per questo reato è molto severa. Il colpevole rischia fino a quattro anni di reclusione nei casi meno gravi.
Se poi ricorrono le aggravanti previste dal legislatore, la pena è aumentata fino ad un terzo. Questo quando ad esempio il reato è stato commesso da persone che siano state legate affettivamente alla vittima, quale l'ex coniuge o l'ex fidanzato o l'ex convivente.
In base alle statistiche rilevate dall'Osservatorio nazionale stalking le molestie in un caso su due sono a opera di ex mariti, ex conviventi, ex fidanzati.
La pena inoltre è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso ai danni di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità, oppure se a compierlo è una persona armata o mascherata.
Per procedere penalmente, è necessario che le condotte siano reiterate, nel senso che non è sufficiente un singolo episodio ma è necessario che gli atti di molestia o minaccia siano ripetuti nel tempo. Non è chiaro se siano sufficienti a configurare il reato due soli episodi.
Riportiamo l'art. 612 bis del Codice Penale che prevede il reato di stalking, ovvero di atti persecutori.
«Art. 612-bis (Atti persecutori). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonchè quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio».