La Cassazione, con ordinanza del 30 ottobre 2013, n. 24515, ha affermato che il figlio maggiorenne, che abbia svolto in passato lavori sia pur saltuari e precari, perde il diritto al mantenimento nei confronti dei genitori.
Ciò in quanto, nonostante la precarietà del lavoro, ha comunque dimostrato il possesso di capacità idonee per immettersi nel mondo del lavoro.
Afferma quindi la Cassazione che "il diritto del coniuge di ottenere un assegno per il mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludere quando quest'ultimo, ancorchè allo stato non autosufficiente economicamente, abbia in passato iniziato ad espletare un’attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di un'adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento da parte del genitore senza che assuma rilievo il sopravvenire di circostanze ulteriori le quali, se pur determinano l'effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti siano già venuti meno".
Inoltre, nel caso esaminato dalla Corte, non si era verificato neppure un incremento di reddito per il padre tale da giustificare il mantenimento del suo obbligo di contribuzione e addirittura il suo aumento quando, invece, la sua capacità di spesa era notevolmente diminuita a seguito della nascita di un figlio dal suo secondo matrimonio.
Per queste ragioni, i giudici hanno revocato definitivamente l'assegno di mantenimento stabilito a carico del padre divorziato.