La vendita di merce sottocosto di beni aziendali integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione (previsto dall'articolo 216, comma 1, n. 1 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267) laddove si accerti una serie sistematica e preordinata di operazioni di vendita sotto costo, o comunque in perdita, di beni aziendali (Cassazione, sentenza del 4 febbraio 2015, n. 5317).
La Corte, per altro, ha espressamente escluso nel caso di specie la possibilità di ricondurre la condotta dell'imprenditore all'ipotesi meno grave di bancarotta semplice per operazioni di grave imprudenza, di cui al n. 3 dell'articolo 217 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267.
E infatti, afferma la Corte, le operazioni gravemente imprudenti, di cui al citato articolo 217, n. 3, devono presentare, almeno in astratto, un elemento di razionalità nell'ottica delle esigenze dell'impresa in modo che il risultato negativo sia riconducibile ad un mero e riscontrabile errore di valutazione.
Nella specie, l'imprenditore-imputato si giustificava sostenendo che le vendite sottocosto, prima del fallimento, erano state attuate per sanare passività dovute alla scarsa esperienza commerciale e quindi per (la necessità di) soddisfare alcuni creditori.
I giudici, tuttavia, hanno ritenuto che la reiterazione delle operazioni di vendita sottocosto fosse preordinata così da escludere qualsivoglia "errore di valutazione", che avrebbe potuto giustificare l’inquadramento dei fatti a titolo colposo.
La Cassazione, inoltre, ha precisato che per "operazioni in perdita" devono intendersi anche quelle al prezzo di acquisto, in quanto esse non tengono conto delle spese fisse di impresa, che invece devono conteggiarsi per non operare appunto "in perdita".