La TIA (tariffa di igiene ambientale) deve essere esclusa per gli immobili privi dei servizi essenziali, in quanto oggettivamente inutilizzabili e non idonei alla produzione di rifiuti.
In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza del 25 maggio 2017 n. 13120, secondo cui tale principio è alla base del presupposto impositivo della Tariffa di igiene ambientale (ossia l'inidoneità oggettiva a produrre rifiuti).
La Cassazione ha anche precisato che le comunicazioni relative all'inidoneità del locale alla produzione dei rifiuti debbano avvenire solo quando vi siano variazioni e non annualmente, come in genere sostiene la società concessionaria del servizio (Cassazione, sentenza del 25 maggio 2017 n. 13120).
Tale onere infatti non è previsto dalla disciplina statale (l'articolo 62, comma 2, del Decreto Legislativo. n. 507/1993, parla di denuncia originaria o di "variazione" e non di "denuncia annuale").
E' pur vero che i regolamenti comunali possono introdurre ulteriori specifiche, ma, trattandosi di fonte normativa secondaria, non possono negare al contribuente la possibilità di dimostrare a posteriori, con idonea documentazione, che una certa area era in passato inidonea a produrre rifiuti.
Questa interpretazione si impone anche per la necessità di trovare un punto di equilibrio tra le esigenze impositive dell'ente locale e la salvaguardia del principio di correttezza, solidarietà e effettiva capacità contributiva, che impone di evitare di gravare il contribuente di adempimenti e preclusioni non strettamente funzionali alla corretta riscossione delle imposte.
In altre parole il Comune non può pretendere di dettare regole (l'obbligo di denuncia annuale anche quando non vi siano variazioni da comunicare) che non rispondono a reali esigenze impositive e che quindi, oltre ad andare contro i principi dettati dallo Statuto del contribuente, non rispondano neppure a criteri di ragionevolezza.