L'articolo 168 bis del Codice penale, introdotto dalla Legge del 28 aprile 2014, n. 67, prevede l'istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, che comporta, in caso di esito positivo della prova stessa, la declaratoria di estinzione del reato.
Questo beneficio può essere concesso però soltanto per i reati puniti con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria.
Al riguardo è sorta la questione se, nel calcolo del limite di pena da cui dipende la concessione del beneficio in parola, debbano considerarsi le circostanze aggravanti contestate.
Sul punto, è intervenuta la Corte di Cassazione, con sentenza del 27 luglio 2015, n. 32787, la quale afferma che, ai fini della sospensione del procedimento con messa alla prova, deve aversi riguardo esclusivamente alla pena edittale senza alcuna considerazione delle aggravanti contestate, neppure se ad effetto speciale.
Questo in quanto la normativa vigente non contiene alcun riferimento esplicito alla possibile incidenza delle aggravanti, mentre ogni volta che il legislatore ha voluto che se ne tenesse conto, lo ha espressamente previsto (ad esempio negli articoli 4 e 278 del Codice di procedura penale, o negli articoli 157 e 131 bis del Codice penale).
Inoltre, l'articolo 464 bis del Codice di procedura penale prevede che il giudice deve considerare la fondatezza dell'accusa e quindi la sussistenza delle aggravanti contestate solo al fine di un'eventuale sentenza di proscioglimento, e non al fine di verificare i limiti della pena da cui dipende la concessione del beneficio.