Le norme che disciplinano la circolazione stradale ed i criteri di attribuzione della responsabilità prevedono - in linea generale e salvo eccezioni - una presunzione di colpa a carico dei soggetti coinvolti nel sinistro.
Per tale ragione, chi agisce in giudizio per il risarcimento del danno causato da un incidente stradale, deve dimostrare non solo la colpa della controparte nella causazione del sinistro, ma deve anche fornire la prova liberatoria dell'assenza di ogni possibile addebito a suo carico, dimostrando di essersi pienamente uniformato alle norme sulla circolazione e a quelle di comune prudenza e di aver fatto tutto il possibile per evitare l'incidente.
In proposito la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo il quale, in materia di responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, "l'accertamento in concreto della colpa di uno dei soggetti coinvolti nel sinistro, per avere commesso un'infrazione, anche grave, al codice della strada, non esclude la presunzione di colpa concorrente dell'altro" (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 557 del 14.01.2009; 14 giugno 2006, n. 3193; 3 novembre 2004, n. 21056; 27 ottobre 2004, n. 20814; 23 febbraio 2004, n. 3549).
Non è quindi sufficiente, ai fini dell'integrale risarcimento del danno, l'accertamento dell'idoneità della condotta della controparte a costituire causa esclusiva dell'evento.
Laddove non si dimostri anche l'assenza di una propria colpa nella causazione dell'incidente, deve presumersi - in linea di principio - che tutti i soggetti coinvolti abbiano concorso in essa, con conseguente riduzione dell'entità del risarcimento richiesto.