Qualora il contribuente deduca l'omessa o invalida notifica della cartella esattoriale, è pacifico che l'agente della riscossione abbia l'onere di provare l'avvenuta notifica.
Tale onere è stato ribadito dalla Cassazione con la sentenza del 11 settembre 2010, n. 19415.
Nel caso esaminato dalla Corte, il ricorrente aveva proposto opposizione avverso la cartella esattoriale per mancata notificazione del verbale di accertamento presupposto.
A fronte della contumacia dell'Ufficio, mancava in atti qualsiasi prova in ordine a tale notifica, l'onere della quale incombeva sull'amministrazione rimasta contumace.
Al riguardo la Cassazione ha anche affermato: "allorchè una delle parti deduca in giudizio la nullità o l'inesistenza d'una notificazione, il giudice, nel deciderne, non può limitarsi a disattendere la deduzione facendo generiche affermazioni, ma deve individuare i singoli documenti sui quali basa il proprio convincimento, fornendo dettagliata indicazione degli elementi costitutivi di ciascuno (data, provenienza, sottoscrizioni, identificazione dei relativi autori, ecc.) e dando logica dimostrazione del raggiunto convincimento per cui dagli stessi possa desumersi la regolarità della discussa notificazione”.
Pacifico è dunque l'onere dell'Agente della riscossione di dimostrare l'avvenuta notifica della cartella.
Ci si chiede tuttavia se debba anche depositare la matrice o la copia della cartella, al fine di provare anche il contenuto della pretesa.
Sul punto i Giudici hanno manifestato opinioni contrastanti.
Prima tesi: onere di depositare la relata e la copia della cartella
Secondo una prima tesi, l'Agente della riscossione deve depositare non solo la relata ma anche la copia della cartella.
In tal senso si è espressa la Commissione Tributaria Provinciale di Parma, secondo cui "le relate, se non accompagnate dalle relative cartelle di pagamento, non hanno alcun valore in quanto nulla dimostrano in merito alla spettanza di un credito tributario o meno" (sentenze n. 39/01/10 e n.40/01/10).
Tale obbligo deriverebbe dall’articolo 26, comma 4, del D.P.R. n. 602/73, il quale prevede che "il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione".
Seconda tesi: è sufficiente il deposito della relata
Secondo altra tesi, invece, è sufficiente che l'Agente della riscossione depositi la relata di notifica.
In tale senso si è espresso il Tribunale di Reggio Calabria (sentenza del 15 ottobre 2009) in un caso in cui l'Agente della Riscossione aveva depositato la riproduzione fotografica dell'avviso di ricevimento della raccomandata con cui era stata spedita la cartella e firmato da familiare convivente (notifica a mezzo posta).
Il ricorrente contestava l'inidoneità della riproduzione fotografica della cartolina a fungere da prova della notifica nonchè la conformità all'originale, affermando che in base all'articolo 26 del D.P.R. n.602/1973 doveva essere prodotta anche la matrice o la copia dell'atto.
Il Giudice ha ritenuto che tale riproduzione fotografica, per altro dichiarata conforme all'originale da parte dell'Agente della riscossione, è consentita dall'uso degli apparecchi scanner che riproducono le immagini per permetterne la conservazione in un archivio informatico, e la sua efficacia va pienamente riconosciuta nel processo in ragione del disposto di cui all'articolo 2712 del codice civile ("Le riproduzioni fotografiche o cinematografiche, le registrazioni fotografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformi ai fatti o alle cose medesime").
Inoltre, afferma il Tribunale, la contestazione di conformità non può essere generica, essendo preciso onere della parte di specificare sotto quale profilo si assuma la non corrispondenza della copia prodotta all'originale, anche al fine di evidenziare, anche solo in astratto, la serietà e ragionevolezza della censura, potendo, altrimenti, tale condotta processuale essere valutata dal Giudice anche in relazione al dovere di lealtà imposto alle parti dall'articolo 88 del codice di procedura civile.
Nel caso di specie, la parte ricorrente non aveva assolto a tale onere di specificità limitandosi ad una generica contestazione.
Si aggiunge poi che la corrispondenza all'originale risultava sostenuta dall'attestazione di conformità all'originale compiuta dall'Agente di Riscossione.
Tale dichiarazione deve ritenersi valida, in quanto il dipendente delegato della concessionaria è investito di poteri certificativi, come affermato dalla giurisprudenza (Corte dei Conti dell'Emilia Romagna, sez. giurisd., 16 febbraio 2004, n. 235, sez. giurisd., 22 dicembre 2003, n. 2562 sez. giurisd., 1 marzo 2004, n. 456, secondo cui "il dipendente di società concessionaria di esazione tributi addetto agli atti di riscossione, [...] è pubblico ufficiale munito di poteri autoritativi e certificativi e svolge attività diretta all'acquisizione ed alla custodia di "pecunia pubblica").
Nelle sentenze in esame si rileva che il rapporto che intercorre tra l'Amministrazione concedente e la società concessionaria debba essere inquadrato nell'ambito della disciplina della concessione del servizio di riscossione dei tributi.
Ne consegue che il concessionario della riscossione viene a porsi come un vero e proprio organo indiretto della Pubblica Amministrazione, munito di poteri di organizzazione, gestione ed esecuzione di attività di interesse pubblico e, pertanto, come pubblico ufficiale.
Il Tribunale ha perciò ritenuto adeguatamente dimostrata l'avvenuta notifica attraverso la riproduzione fotografica dell'avviso di ricevimento, che reca il riferimento al numero della cartella esattoriale n. 094 2007 0038 2233 19 000, con attestazione di consegna in data 29 dicembre 2007 a mani di persona che sottoscriveva qualificandosi "familiare convivente" del destinatario.
Dunque, la dichiarazione di parentela e convivenza compiuta dal consegnatario unita al luogo di consegna costituiscono elementi che di per sé suffragano la correttezza della notifica, ove si consideri che la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all'ufficio o all'azienda di chi ha ricevuto l'atto si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall'ufficiale giudiziario nella relata di notifica, mentre incombe sul destinatario dell'atto, che contesti la validità della notificazione, l'onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di allegare e provare l'inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario, comportante una delle qualità su indicate, ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario (Cassazione, sentenza n. 24998/2008; sentenza n. 6270/2005).
Riguardo la questione se vada o meno depositata anche la copia dell'atto notificato unitamente alla relata, il Tribunale ha osservato che l'articolo 26, comma 4, del DPR n. 602/1973 ("Il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso del ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'amministrazione") prevede modalità alternative per dimostrare l'avvenuta notifica, e precisamente:
- la conservazione della matrice;
- la conservazione della copia della cartella con la relata;
- la conservazione dell'avviso di ricevimento.
Si tratta di modalità alternative e fra loro equivalenti (per l'uso della disgiuntiva "o").
Ciò vuol dire che ciascuna di essere è capace, di per se sola, di fornire prova della notifica in quanto rechi in sé gli elementi essenziali a fornire certezza dell'attività notificatoria (quindi, attestazione, del soggetto abilitato alla notifica dell'avvenuta consegna con l'indicazione del tempo, del luogo di consegna e della qualità del ricevente se non è il destinatario).
Deve ricordarsi che la Cassazione, pronunciandosi in generale in materia di atti ricettizi, abbia spesso ritenuto idonea a fornire prova della conoscenza dell'atto sia la lettera raccomandata che il telegramma, affermando che, in presenza della prova certa della spedizione, segue, anche in assenza dell'avviso di ricevimento, "la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico, di arrivo dell'atto al destinatario e di conoscenza ex articolo 1335 del codice civile dello stesso, per cui spetta al destinatario l'onere di dimostrare che il plico non contiene alcuna lettera o contiene una lettera di contenuto diverso" ( Cassazione, sentenza n. 20144/2005).
Se quindi l'Agente della riscossione deposita in giudizio l'avviso di ricevimento, spetterà al destinatario provare che non sia stata notificata, unitamente alla cartolina, anche la cartella esattoriale.