Chi occupa un immobile destinato ad uso pubblico (ad esempio, gli alloggi popolari) non commette reato qualora sia stato costretto dalla necessità di evitare un danno grave alla persona.
Al riguardo, il concetto di "danno grave alla persona" può essere esteso, in armonia con quanto stabilito dall'articolo 2 della Costituzione, anche a quelle situazioni che minacciano solo indirettamente l'integrità fisica del soggetto, riferendosi alla sfera dei beni primari collegati alla personalità, tra i quali dev'essere ricompreso il diritto all'abitazione, in quanto l'esigenza di un alloggio rientra fra i bisogni primari della persona.
Conseguentemente, il giudice penale ha l'obbligo di considerare le circostanze da cui potrebbe desumersi l'esistenza dello stato di necessità, purchè tali circostanze siano state dedotte dall'imputato (Cassazione, sentenza del 27 giugno 2007, n. 35580).
Affinchè si possa invocare lo stato di necessità è necessario che ricorrano, per tutto il tempo dell'illecita occupazione, l'assoluta necessità della condotta e l'inevitabilità del pericolo, ai sensi dell'articolo 54 del Codice penale.
Al riguardo, ad esempio, è da escludere lo stato di necessità qualora l'occupante avrebbe potuto rivolgersi ai servizi sociali e/o delle altre istituzioni pubbliche di assistenza per ottenere un aiuto (Cassazione, sentenza dell' 11 febbraio 2011, n. 8724).
Ovviamente, se tali istituzioni non sono disponibili, nonostante la richiesta, l'occupante potrà a quel punto far valere lo stato di necessità, dimostrando di essersi rivolto in prima battuta alle istituzioni di pubblica assistenza.