Il reato previsto dall'articolo 633 del Codice penale (invasione di terreni o edifici altrui) punisce la condotta di colui che si introduce arbitrariamente dall'esterno nel terreno o nell'edificio altrui, al fine di occuparlo o di trarne altrimenti profitto.
La condotta tipica del reato in questione consiste quindi nell'introduzione arbitraria (ossia senza titolo) dall'esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione, sicché l'invasione non ricorre laddove il soggetto, entrato legittimamente in possesso del bene, prosegua nell'occupazione contro la sopraggiunta volontà dell'avente diritto (Cassazione, sentenza del 12 aprile 2006, n. 15610; Cassazione, sentenza del 17 giugno 2010, n. 25937).
La norma di cui all'articolo 633 del Codice penale, infatti, non è posta a tutela di un diritto ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui il soggetto sia entrato legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato.
Sulla scorta dei suddetti principi, la Cassazione ha escluso la sussistenza del reato di invasione di edifici in quanto l'imputato era subentrato nell'appartamento di proprietà di un Ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore, legato a lui da vincoli di affinità, escludendo la eventuale rilevanza del possesso o meno delle condizioni richieste per l'assegnazione, circostanza che può valere a fini amministrativi o civilistici, ma che non rileva sotto il profilo penalistico (Cassazione, sentenza del 1 dicembre 2005, n. 2337).
In altra occasione, la Cassazione ha pure escluso il delitto di invasione di edifici nel caso del coniuge che abbia continuato ad abitare in una casa dello I.A.C.P. dopo la morte del coniuge assegnatario continuando a versare l'affitto, ribadendo che la mancanza delle condizioni per l'assegnazione dell'alloggio non rilevano ai fini penali, nè sussiste l'elemento materiale dell'arbitraria invasione (Cassazione, sentenza del 4giugno 2009, n. 23756).
Sempre in modo conforme ai suddetti principi, si è espresso il Tribunale di Bari, il quale ha assolto la nipote del precedente assegnatario con questi già da tempo convivente al momento della morte (Tribunale di Bari, sentenza del 17 marzo 2017, n. 1275).