In materia di reati fallimentari, si è posta la questione della tutela dei terzi in buona fede, che vantino crediti nei confronti del fallimento.
Essi infatti potrebbero subire un pregiudizio alla proprie ragioni creditorie in conseguenza del sequestro e successiva confisca di parte della massa fallimentare.
La Cassazione ha quindi affrontato in diverse occasioni il problema della possibilità di procedere al sequestro e successiva confisca dei beni appartenenti al fallimento nonchè della possibilità di impugnazione da parte del curatore.
Riguardo la possibilità di sequestro, la Cassazione si è espressa positivamente (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 11170/2015; Cassazione, Sezioni Unite, sentenza del 9 luglio 2004, n. 29951), affermando che "è legittimo il sequestro preventivo, funzionale alla confisca facoltativa, di beni provento di attività illecita e appartenenti ad un'impresa dichiarata fallita, a condizione che il giudice, nell'esercizio del suo potere discrezionale, illustri adeguatamente i motivi per cui ritiene prevalenti le ragioni sottese alla confisca rispetto a quelle attinenti alla tutela dei legittimi interessi dei creditori nella procedura fallimentare".
I terzi potranno comunque tutelare i propri diritti o nell'ambito del medesimo processo, ove ne abbiano avuto conoscenza, o, altrimenti, in sede esecutiva, rivolgendo le proprie istanze al giudice dell'esecuzione penale.
L'articolo 19 del Decreto Legislativo n. 231/2001 prevede infatti che siano salvaguardati i diritti dei terzi acquisiti in buona fede, senza porre limiti temporali alla prova dell'acquisizione del diritto, essendo possibile che al terzo venga riconosciuta l'acquisizione in buona fede dopo la confisca (come di fatto avviene in caso di apertura della procedura fallimentare, ove il diritto del terzo viene riconosciuto alla chiusura della procedura).
Riguardo la possibilità per il curatore di impugnare il provvedimento di sequestro adottato ai sensi dell'articolo 19 del Decreto Legislativo n. 231/2001, la Cassazione ha escluso tale facoltà per mancanza di interesse (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 11170/2015).
Ciò in quanto il curatore fallimentare, soggetto gravato da un munus pubblico, di carattere prevalentemente gestionale, non può agire in rappresentanza dei creditori, i quali prima della conclusione della procedura non sono titolari di alcun diritto sui beni e quindi privi di qualsiasi titolo restitutorio, né è titolare in proprio di alcun diritto sui beni stessi.