In materia di abusi edilizi (articolo 44 D.P.R. n. 380/2011 e articolo 181 Decreto Legislativo n.42/2004), la Cassazione ha sancito che in caso di proscioglimento ai sensi dell'articolo 131-bis del Codice penale (ossia per particolare tenuità del fatto) non può essere ordinata la demolizione delle opere abusive da parte del giudice penale (Cassazione, sentenza del 23 ottobre 2018, n. 48248).
Secondo i giudici di legittimità, infatti, l'ordine di demolizione presuppone necessariamente una sentenza di condanna, e tale non è la sentenza ex articolo 131 bis Codice penale, con cui, pur accertando la responsabilità dell'imputato, viene comunque esclusa la punibilità dello stesso in ragione della particolare tenuità del fatto.
L'articolo 131 bis ha lo scopo di espungere dal processo penale fatti marginali per i quali si ritiene non necessaria la pena.
Pertanto, ribadisce la Cassazione, gli ordini di demolizione e rimessione in pristino dello stato dei luoghi sono da ritenersi incompatibili con una pronuncia diversa dalla condanna.
D'altra parte, i medesimi principi sono stati già affermati in caso di proscioglimento a seguito di esito positivo della messa alla prova e in caso di prescrizione del reato (Cassazione, sentenza n. 51010/2013; Cassazione, sentenza n. 50441/2015; Cassazione, sentenza n. 37836/17).
Va tuttavia precisato che, sebbene sia escluso il potere del giudice penale di ordinare la demolizione delle opere abusive al di fuori di una sentenza di condanna, resta tuttavia fermo il potere dell'Autorità amministrativa di procedere in tal senso laddove ravvisi la violazione.