Il "consumo di gruppo" di sostanze stupefacenti ricorre in due ipotesi:
- quando due o più persone acquistano congiuntamente una quantità di sostanza stupefacente per farne uso personale e poi la detengono (in modo indiviso o meno) in una quantità necessaria a soddisfare il bisogno di tutti;
- quando un solo soggetto acquista, su mandato degli altri, sostanza stupefacente destinata al consumo proprio e degli stessi mandanti.
Si è posta la questione se il consumo di gruppo, nelle ipotesi su indicate, sia un reato oppure sia soltanto un illecito amministrativo.
Sul punto è intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 10 giugno 2013, n. 25401), la quale ha ritenuto che il consumo di gruppo, in entrambe le ipotesi suddette, non è reato, purchè ricorrano le seguenti condizioni:
- che l'acquirente sia anche uno degli assuntori;
- che l'acquisto della droga avvenga sin dall'inizio per conto degli altri membri del gruppo, al cui uso personale la sostanza è destinata;
- che siano certe sin dall'inizio l'identità e la volontà di questi soggetti di procurarsi la droga per uso personale e di concorrere economicamente alla spesa per l'acquisto.
Ricorrendo tali condizioni, la successiva consegna delle rispettive quote di sostanza ai membri del gruppo rappresenta non già una "cessione" (o spaccio), che sarebbe penalmente rilevante, bensì la mera esecuzione di un precedente accordo tra l'agente e gli altri soggetti.
Tale accordo può anche essere desunto da indizi quali: il rapporto di amicizia, la compartecipazione alla spesa (non è necessario però che la raccolta del denaro avenga prima dell'acquisto), l'effettiva consumazione della sostanza da parte dei membri del gruppo nelle stesse circostanze di tempo e di luogo, l'unicità della confezione contenente la sostanza da dividere.
Se invece le suddette condizioni non ricorrono, si avrà allora il delitto di spaccio.