Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 577/2008) hanno affrontato il caso di un soggetto che assumeva di aver contratto l'epatite "C" in seguito ad alcune trasfusioni praticategli in occasione di un intervento chirurgico.
Può il paziente ottenere il risarcimento del danno per aver contratto l’epatite? Se si, a chi deve chiederlo, alla struttura sanitaria o al medico operante?
In primo luogo va detto, e la Cassazione lo ha ribadito, che sono responsabili sia la struttura sanitaria sia il medico personalmente.
La struttura sanitaria è responsabile in virtù del contratto che si conclude tra la stessa ed il paziente al momento dell'accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale.
Il medico, invece, è responsabile verso il paziente in virtù del "contatto sociale" che si instaura tra lui ed il paziente, nel momento in cui il sanitario effettua la prestazione. Tale responsabilità da "contatto sociale" è sottoposta alla disciplina contrattuale, con le conseguenze che diremo appresso riguardo l’onere della prova a carico del paziente.
La Cassazione, sulla base di queste premesse, ha precisato che il paziente danneggiato, che agisca per i danni contro la struttura e/o contro il medico, deve limitarsi a provare:
- il contratto e/o il contatto sociale
- l'aggravamento della patologia o l'insorgenza di un'affezione.
Sarà poi onere della struttura sanitaria e del medico dimostrare di non avere violato alcuna regola cautelare oppure, se tale violazione vi è stata, che questa non è stata comunque la causa della patologia.