Segnialiamo un'interessante sentenza della Cassazione, sul tema della reponsabilità del produttore per i prodotti difettosi (Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 15 marzo 2007, n. 6007), con cui il Giudice di legittimità ha stabilito i principi in base ai quali è possibile agire nei confronti della società produttrice.
In particolare, la Corte si è occupata del caso di una Signora che aveva subito una reazione allergica per aver utilizzato una tintura per capelli e che ha agito in giudizio contro la società produttrice per il risarcimento del danno.
La materia è disciplinata dal DPR 224/1988 e dalla legge 713/86. L’art. 1 del DPR 224/1988 stabilisce che “il produttore è responsabile del danno cagionato dai difetti del suo prodotto”. Certamente quindi si può ipotizzare una responsabilità del produttore, essendo questa espressamente prevista dalla norma in questione.
E’ bene però fare qualche precisazione.
Il danneggiato che agisca nei confronti del produttore dovrà dimostrare in giudizio l’esistenza del danno subito, del difetto del prodotto e del nesso di causalità tra il danno ed il difetto del prodotto, secondo il principio generale sull'onere della prova stabilito dall'articolo 2697 del Codice Civile.
Riguardo il difetto del prodotto, che assume il carattere di un prerequisito della responsabilità del produttore e delimita l'ambito di applicazione della stessa, va detto che esso non è implicito nel fatto stesso che dall’uso del prodotto sia derivato un danno.
Se così fosse, si arriverebbe ad affermare una responsabilità oggettiva del produttore, esclusivamente legata alla prova del nesso di causalità tra l'utilizzazione del prodotto ed il danno alla salute che ne è seguito. E’ invece necessario dimostrare che vi sia anche un reale “difetto” del prodotto usato.
In proposito la Cassazione ritiene che questo principio sia valido anche nel caso dei prodotti cosmetici, come è la tintura per capelli ai sensi dell'articolo 1 della legge 713/86 e del relativo allegato 1.
E' vero, dice la Corte, che l'articolo 7 della legge 713/86 impone che i prodotti cosmetici siano fabbricati, manipolati, confezionati e venduti in modo tale da non causare danni per la salute nelle normali condizioni di impiego; ma tale norma, sia essa letta con riferimento al contesto normativo della legge di cui fa parte, sia essa letta in coordinamento con quelle del sopra citato DPR n. 224, non permette di affermare che, per i prodotti cosmetici, il livello di sicurezza prescritto, al di sotto del quale il prodotto deve considerarsi difettoso, sia quello della sua più rigorosa innocuità.
Bisogna poi far riferimento alle normali condizioni di impiego che delimitano l'ambito del dovere di cautela del produttore escludendo la garanzia di sicurezza in presenza di anormali condizioni di impiego le quali possono logicamente dipendere non solo dall'abuso o dall'uso non consentito, ma anche da circostanze anomale che, ancorché non imputabili al consumatore, rendano il prodotto, altrimenti innocuo, veicolo di danno (alla salute).
Tra queste circostanze potrebbero ricomprendersi, per fare qualche esempio, le particolari proibitive condizioni di salute in cui versi il consumatore, anche solo temporaneamente, nel momento in cui utilizza il prodotto ed, in particolare, l'anomala reattività immunitaria del suo organismo verso sostanze estranee normalmente innocue, che rende il prodotto, o alcuno dei suoi componenti, un imprevisto allergene per il consumatore.
Secondo l’articolo 5 del DPR 224/1998, infatti, è difettoso non ogni prodotto insicuro ma quel prodotto che non offra la sicurezza che ci sì può legittimamente attendere in relazione al modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, alla sua presentazione, alle sue caratteristiche palesi alle istruzioni o alle avvertenze fornite, all'uso per il quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, ed ai comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere, al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione.
Il difetto del prodotto non si identifica, dunque, con la mancanza di una assoluta certezza o di una oggettiva condizione di innocuità dello stesso, ma con la mancanza dei requisiti di sicurezza generalmente richiesti dall'utenza in relazione alle circostanze specificamente indicate dall'articolo 5 o ad altri elementi in concreto valutabili dal giudice, nell'ambito dei quali, ovviamente, possono e debbono farsi rientrare gli standards di sicurezza eventualmente imposti dalle norme in materia.
Per i cosmetici la norma deve essere coordinata, ovviamente, con le disposizioni della legge 713/86 sopra citata (nonchè con le direttive CEE sulla sicurezza dei prodotti - 59/1992 e 95/2001 - e i decreti legislativi che ad esse hanno dato attuazione rispettivamente D.Lgs 115/95 e D.Lgs 172/04). Dalle predette disposizioni, e dalla lettura coordinata con l'articolo 5 del DPR 224, deriva che il requisito di sicurezza per i cosmetici, in mancanza del quale il prodotto deve ritenersi difettoso, si pone anche in relazione alle "normali condizioni di impiego" del prodotto medesimo.
In conclusione, possiamo dire che per valutare un'azione di risarcimento nei confronti del produttore,bisogna tener presente che il verificarsi del danno non prova di per sè la pericolosità del prodotto; è necessario invece dimostrare in concreto che il prodotto si pone al di sotto del livello di garanzia di affidabilità richiesto dalle leggi in materia in condizioni normali di impiego.