Prima della riforma del diritto di famiglia del 1975, le donne non avevano diritto di succedere nella proprietà del marito.
Quando il marito moriva, dunque, la moglie otteneva esclusivamente il cosiddetto “usufrutto uxorio”, ossia il diritto di usufrutto sui beni ereditari e non il diritto di proprietà.
In particolare le spettava l’usufrutto per una quota di 2/3 in assenza di figli; di 1/3 in presenza di figli.
Per usufrutto uxorio si intende, quindi, l’usufrutto acquistato dalla moglie superstite in sede di successione mortis causa del marito.
Con la riforma del 1975, scompare l’ “usufrutto uxorio” e la moglie superstite eredita la proprietà dei beni ereditari intestati al marito defunto, per la quota a lei spettante.
Per le successioni apertesi prima della riforma del 1975, per le quali si parla ancora di “usufrutto uxorio”, la moglie superstite potrebbe chiedere la commutazione dell’usufrutto.
Inoltre, alla morte della moglie, titolare dell’usufrutto uxorio, gli eredi (generalmente i figli) non dovranno presentare la dichiarazione di successione.
Essi potranno presentare direttamente alla conservatoria la richiesta di voltura con ricongiungimento di usufrutto, allegando il certificato di morte dell'usufruttuario e pagando esclusivamente i diritti per la voltura (e non le imposte di successione).