Il Decreto legge 10 dicembre 2013 n. 136 (provvedimento d'urgenza "Terra dei fuochi", in vigore già dall'11 dicembre 2013, recante “Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate”) ha introdotto l'articolo 256 bis nel Decreto Legislativo n. 152/2006 (Codice dell'ambiente).
Trattasi del reato di "combustione illecita di rifiuti", che si configura allorquando taluno ponga in essere una delle seguenti condotte:
- appicchi il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate;
- abbandoni o depositi rifiuti;
- immetta rifiuti nelle acque superficiali o sotterranee in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti.
Il delitto è punito con la reclusione da due a cinque anni.
Il delitto è aggravato nei seguenti casi:
- se il fuoco è appiccato a rifiuti pericolosi (reclusione da tre a sei anni);
- se è commesso nell'ambito dell'attività di un'impresa o di un'attività organizzata (aumento della pena di un terzo);
- se i fatti sono commessi in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel
settore dei rifiuti (aumento della pena fino a un terzo).
È prevista la confisca dei mezzi di trasporto utilizzati per la commissione dei suddetti delitti, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea al reato, nonché la confisca dell'area sulla quale è commesso il reato, salvi gli obblighi di bonifica e ripristino.
Prima della novella legislativa in esame, le fattispecie sopra descritte avrebbero potuto essere ricondotte ai reati previsti dal Codice penale agli articoli 423, 423-bis, 424 e, quanto alle ipotesi aggravate, 425. Affinchè si configurasse il reato, tuttavia, era necessario che l'incendio fosse di proporzioni e possibilità di sviluppo tali da mettere in pericolo la pubblica incolumità.
Inoltre, anche a prescindere dalla messa in pericolo dell'incolumità pubblica, bruciare i rifiuti violava specificamente le disposizioni sullo smaltimento dei rifiuti, con relativa applicazione del reato contravvenzionale di "Attività di gestione dei rifiuti non autorizzata" (articolo 256 del Codice dell'ambiente) che prevede:
a) la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a
ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a
ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
Nella nuova configurazione di cui all'articolo 256 bis del Codice dell'ambiente, il reato è sanzionato ben più gravemente, come sopra si è visto (trattasi ora di delitto e non di contravvenzione).
Inoltre, ai fini della sussistenza del reato, si prescinde dalle dimensioni dell'incendio (anche un piccolo incendio è penalmente rilevante).
Ciò in quanto è diverso l'interesse giuridico protetto, che non è più l'incolumità pubblica ma la tutela dell'ambiente in generale.