Con la recente ordinanza del 2 ottobre 2019, n. 24591 (che richiama la pronuncia a Sezioni Unite del 20 giugno 2018, n. 16303), la Cassazione ha chiarito i criteri per la verifica degli interessi usurai applicati dalle banche, con particolare riferimento alla rilevanza della commissione di massimo scoperto (CMS).
Il problema è sorto a seguito dell'introduzione della legge sull'usura del 7 marzo 1996, n. 108, in quanto si è verificata una contraddizione tra l'articolo 644 del Codice penale (così come modificato dalla Legge 108/1996) e le Istruzioni fornite dalla Banca di Italia: da una parte l'articolo 644 prevede che "per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito"; dall'altro le Istruzioni citate non tenevano conto delle commissioni di massimo scoperto per la determinazione del TEGM (tasso effettivo globale medio).
In questo contesto, è intervenuto l'articolo 2 bis del Decreto Legge n. 185/2008 introdotto dalla Legge di conversione 28 gennaio 2009, n. 2, il quale al primo comma disciplina la commissione di massimo scoperto ridimensionandone l'operatività e stabilendo che "gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall"effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108".
Pertanto, per i rapporti bancari successivi al 1 gennaio 2010, data di entrata in vigore del citato articolo 2 bis, la commissione di massimo scoperto va certamente inclusa nel computo del TEG ai fini della verifica del tasso usuraio, per espressa disposizione di legge.
Riguardo invece i rapporti bancari anteriori al 1 gennaio 2010, la Cassazione ha chiarito che occorre effettuare una separata comparazione dei seguenti parametri:
- del tasso effettivo globale (TEG) dell'interesse praticato in concreto con il "tasso soglia", nonché
- della commissione di massimo scoperto (CMS) applicata, con la "CMS soglia", quest'ultima calcolata aumentando della metà la percentuale della CMS media indicata nei decreti ministeriali, emanati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della Legge n. 108/2008, compensandosi, quindi, il valore della eventuale eccedenza della CMS praticata in concreto, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglia, con il "margine" eventualmente residuo degli interessi, pari alla differenza tra l'importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati.
In altre parole l'applicazione di commissioni che superano l'entità della CMS soglia non determina, di per sé, l'usurarietà del rapporto, che va invece desunta da una valutazione complessiva delle condizioni applicate.
A tal fine, per ciascun trimestre, l'importo della CMS percepita in eccesso va confrontato con l'ammontare degli interessi (ulteriori a quelli in concreto applicati) che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti ("margine"). Qualora l'eccedenza della commissione rispetto alla "CMS soglia" sia inferiore a tale "margine" è da ritenere che non si determini un superamento delle soglie di legge.
Tale operazione dev'essere effettuata con riferimento ad ogni trimestre, dovendosi verificare il superamento della soglia usuraria con riferimento ai diversi valori medi che sono oggetto della rilevazione eseguita con tale periodicità, giusta il disposto di cui all'articolo 2, comma 1, della Legge n. 108/1996 (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 16303/2018).
Tale modalità di calcolo è prevista dal Bollettino di Vigilanza n. 12 del dicembre 2005 emesso dalla Banca di Italia, ed è ritenuta legittima dalla Corte di Cassazione.