Con una recente sentenza la Corte di Cassazione ha affermato che, in caso di morosità di un condomino, l'amministratore non può rivolgersi agli altri condomini per ottenere il pagamento della quota spettante al condomino moroso (Corte di Cassazione a Sezioni Unite sentenza n. 9148/08).
Allo stesso modo, il fornitore di servizi o l'impresa che abbia effettuato i lavori e che non abbia ricevuto il pagamento integrale di quanto dovuto non potrà rivalersi sull'intero condominio.
I terzi creditori, quindi, come anche l’amministratore, dovranno rivolgersi ad ogni singolo condomino pro quota.
Ciò in quanto, secondo l’interpretazione della Cassazione, in materia di condominio non trova applicazione il principio di solidarietà passiva sancito dall'articolo 1294 del Codice Civile, secondo il quale "i condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente".
L'espressione "sono tenuti in solido" vuol dire che il creditore può chiedere l'intero pagamento anche ad uno solo dei debitori, senza essere costretto a frazionare il proprio credito per quote e ad agire separatamente contro ogni debitore pro quota.
Nel caso esaminato dalla Corte, in cui era in questione la ripartizione delle spese per i lavori di ristrutturazione all'interno del condominio, è stato affermato il principio della parzialità, in base al quale la domanda di pagamento deve essere rivolta a tutti i condomini in proporzione alla singola quota debitoria di spettanza.
Secondo la Corte, infatti, il contratto, stipulato dall’amministratore rappresentante, in nome e nell’interesse dei condomini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitigli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati.
Conseguita nel processo la condanna dell’amministratore, quale rappresentante del condominio, il creditore può procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno.
Ad ogni modo la questione non è del tutto pacifica.
Questa decisione della Cassazione, infatti, è stata contestata da pronunce di altri Giudici, secondo i quali non vi è motivo di disapplicare il principio di solidarietà passiva in materia di condominio.
Questa disapplicazione, per altro, aggraverebbe la posizione del terzo creditore, che, pur essendo estraneo alle vicende condominiali, dovrebbe tuttavia accollarsi l'onere di individuare le diverse quote di comproprietà delle parti comuni di spettanza dei vari condomini o, persino, di farsi carico di far predisporre, ove non esistenti, le tabelle millesimali in funzione del soddisfacimento parziario del suo credito.
La soluzione di ogni eventuale controversia dipende quindi fortemente dal Giudice chiamato a pronunciarsi sulla domanda.