Secondo la giurisprudenza, l'eventuale uso di violenza o minaccia è un prevedibile sviluppo dell'azione inerente ad un furto.
Per tale ragione, qualora la violenza o la minaccia vengano effettivamente realizzate, la sottrazione della cosa mobile altrui progredisce in rapina impropria ascrivibile al compartecipe a titolo di concorso anomalo, ai sensi dell'articolo 116 del Codice penale (Cassazione, sentenza del 1 giugno 2010, n.20649; Cassazione, sentenza del 30 ottobre 1990).
Una volta accertata e ritenuta la consapevolezza del compartecipe nella partecipazione ad un'attività di furto, deve anche ritenersi che l'avvenuta "degenerazione" del furto in rapina impropria rientrava sicuramente tra gli eventi astrattamente prevedibili nella mente del compartecipe, che, pertanto, risponde del reato di rapina impropria e non di furto, in base alla disciplina del concorso anomalo prevista dall'116 del Codice penale.