In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l'accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'Amministrazione si ritiene soddisfatto attraverso i dati e gli elementi risultanti dai predetti conti, in base all'articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973.
In base alla norma citata, si determina infatti una inversione dell'onere della prova a carico del contribuente.
Conseguentemente, spetta a quest'ultimo dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non siano riferibili ad operazioni imponibili, fornendo prove analitiche e non generiche riguardo ogni versamento (Cassazione, ordinanza del 3 dicembre 2018, n. 31117; Cassazione, sentenza del 29 luglio 2016, n. 15857).
Inoltre, laddove sia disposta una consulenza tecnica d'ufficio per l'esame della documentazione bancaria, ciò non esclude la necessità per il contribuente di fornire elementi specifici dimostrativi della provenienza delle somme presenti sul conto.
E infatti, seppure il giudice tributario ha il potere di disporre l'acquisizione d'ufficio di mezzi di prova (in base all'articolo 7 del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546), ciò non deve avvenire per sopperire alle carenze istruttorie delle parti ma soltanto in funzione integrativa degli elementi di giudizio, ove sussista una situazione obiettiva di incertezza.