ORDINANZA N. 380
ANNO 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza del 29 marzo 2008 dal Giudice di pace di Sorgono nel procedimento civile vertente tra Casula Mario Massimo e la Prefettura di Nuoro, iscritta al n. 172 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 2008.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 ottobre 2008 il Giudice relatore Luigi Mazzella.
Ritenuto che, con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice di pace di Sorgono ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge 24 novembre l981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), con riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede espressamente un termine diverso e più breve di quello di prescrizione delle sanzioni, di cui al successivo art. 28, per l'emissione dell'ordinanza-ingiunzione;
che, riferisce il giudice a quo, in un procedimento di opposizione ad ordinanza-ingiunzione del prefetto di Nuoro n. 4847/05 del 27 febbraio 2008, con la quale era stata inflitta una sanzione amministrativa pecuniaria al padre del contravventore minorenne, per violazione dell'art. 116, comma 13, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per guida senza patente, commessa in data 12 agosto 2005, l'opponente ha chiesto l'annullamento del provvedimento prefettizio in quanto emesso oltre il termine prescritto dall'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi);
che, a giudizio del rimettente, l'infrazione contestata riguarda una violazione amministrativa inclusa tra quelle per le quali, non essendo ammesso il pagamento nella misura ridotta del minimo edittale, non si prevede la proposizione di un ricorso al prefetto, in quanto la determinazione della sanzione pecuniaria per tale infrazione è rimessa al prefetto medesimo, al quale il verbale di contestazione va trasmesso d'ufficio, per l'emissione della necessaria ordinanza-ingiunzione.
che, di conseguenza, secondo il rimettente, il procedimento sanzionatorio per il disposto dell'art. 194 del nuovo codice della strada, «sembra soggetto alla disciplina generale prevista dall'art. 18 della legge n. 689 del 1981», non essendo applicabile la disciplina speciale, prevista dall'art. 204 del codice della strada, per le ordinanze emesse a seguito di «ricorso» del trasgressore;
che tuttavia – prosegue il rimettente - l'applicabilità, ai procedimenti sanzionatori previsti dalla legge n. 689 del 1981, del termine stabilito dall'art. 2, comma 3, della legge n. 241 del 1990 è stata esclusa dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, con sentenza n. 9591 del 2006, in ragione del carattere di specialità della legge n. 689 del 1981 e della conseguente sua prevalenza sui principi di celerità e immediatezza sanciti dalla legge n. 241 del 1990;
che, pertanto, non potendo trovare applicazione, in base a tale ultimo orientamento interpretativo, neppure quel termine, l'art. 18 della legge n. 689 del 1981 sarebbe incostituzionale in quanto, non prevedendo alcun termine alla durata del procedimento sanzionatorio, de facto farebbe coincidere tale durata con il periodo quinquennale di prescrizione delle sanzioni amministrative, di cui all'art. 28 della legge stessa;
che, secondo il rimettente, privo di ragionevolezza sarebbe imporre al trasgressore l'onere di inviare scritti difensivi entro il termine di trenta giorni dalla contestazione, secondo la prescrizione dell'art. 18, primo comma, della legge n. 689 del 1981, mentre l'Autorità procedente potrebbe disporre del temine, ben più lungo, di quasi cinque anni;
che in questi termini, l'art. 18 si porrebbe, quindi, in contrasto sia con gli artt. 24 e 111 Cost. - i quali assicurano alle parti la parità di diritti e la ragionevole durata del processo - sia con l'art. 3 Cost., che riconosce ai cittadini pari garanzie e trattamento, siano essi trasgressori del codice della strada o di altre norme amministrative, di natura diversa;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, deducendo anzitutto l'inammissibilità della questione là dove si chiede alla Corte di adeguare l'art. 18 della legge n. 689 del 1981 ai principi costituzionali «con formulazione di un espresso richiamo all'obbligo delle Pubbliche amministrazioni di osservare, anche in sede di emissione di ordinanza ingiunzione, il termine autodeterminato per la conclusione del procedimento (art. 2 comma 2 della legge sul procedimento) o, in difetto, quello legale di novanta giorni (art. 2 citato, comma terzo), come da ribadita previsione dell'art. 29»; in tal modo prospettando una soluzione di carattere alternativo, inammissibile in questa sede;
che, nel merito, l'Avvocatura sottolinea l'infondatezza della questione, in riferimento all'art. 3 Cost., per la disomogeneità del tertium comparationis, e, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., per l'inidoneità della normativa censurata, pur se intesa nel senso prospettato dal rimettente, a ledere il principio di difesa e quello del giusto processo.
Considerato che il Giudice di pace di Sorgono dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge 24 novembre l981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui non prevede espressamente un termine (diverso e più breve di quello di prescrizione delle sanzioni, di cui al successivo art. 28) per l'emissione dell'ordinanza-ingiunzione;
che il rimettente ha ritenuto inapplicabile alla fattispecie prevista dall'art. 116, comma 13, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) - oggetto del giudizio a quo - il termine per l'emissione dell'ordinanza-ingiunzione prevista dall'art. 204, commi 1 e 1-bis, del medesimo codice, argomentando dal fatto che per detta infrazione non è ammesso il pagamento in misura ridotta;
che l'inapplicabilità di tale termine è stata ritenuta dal giudice a quo nonostante l'esistenza di numerose pronunce di segno contrario della giurisprudenza di legittimità;
che, in particolare, il rimettente ha omesso di considerare che la giurisprudenza di legittimità appena richiamata ha più volte sostenuto che l'ordinanza-ingiunzione relativa ad infrazioni al codice della strada per le quali non è ammesso il pagamento in misura ridotta, pur in assenza di un termine specifico previsto dalla legge, ma in perfetta analogia con quanto previsto dall'art. 204 del nuovo codice della strada, vada comunque emanata nel termine ivi previsto, decorrente (in assenza di un ricorso amministrativo da cui far decorrere i centoventi giorni di cui all'art. 204, comma 1, del codice della strada) dalla scadenza del termine per proporre ricorso amministrativo, ai sensi del precedente art. 203, con esclusione dell'applicazione dell'art. 18 della legge n. 689 del 1981 (in tal senso Cassazione, 22 maggio 2007, n. 11823; Cassazione, 16 ottobre 2006, n. 22120, e Cassazione, 4 novembre 2005, n. 21361);
che, sulla scorta di tale giurisprudenza, il giudice a quo avrebbe potuto esplorare una soluzione adeguatrice conforme a Costituzione: del resto, il richiamo analogico al termine perentorio previsto dall'art. 204 del codice della strada, per l'emanazione dell'ordinanza-ingiunzione, certamente più ristretto di quello di cinque anni di cui alla norma censurata, risponderebbe anche alla natura "speciale" che caratterizza il suo ambito rispetto a quello, più generale, delle sanzioni amministrative cui si riferisce la legge n. 689 del 1981 (si veda Cassazione, sezioni unite, 27 aprile 2006, n. 9591);
che, inoltre, il rimettente, affidando a questa Corte l'individuazione in concreto di un termine di decadenza senza indicarlo, sollecita l'esercizio di un potere discrezionale riservato al legislatore (si veda, da ultimo, l'ordinanza n. 58 del 2008) e allo stesso tempo, lasciando indeterminato il possibile intervento della Corte, omette di formulare un petitum specifico (si vedano, da ultimo, le ordinanze n. 35 e n. 279 del 2007);
che, pertanto, la questione deve ritenersi, sotto gli indicati profili, manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Sorgono, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 novembre 2008.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 novembre 2008.