SENTENZA N.353
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Dott. Renato GRANATA Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI Giudice
- Prof. Francesco GUIZZI "
- Prof. Cesare MIRABELLI "
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "
- Avv. Massimo VARI "
- Dott. Cesare RUPERTO "
- Dott. Riccardo CHIEPPA "
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "
- Prof. Valerio ONIDA "
- Prof. Carlo MEZZANOTTE "
- Prof. Guido NEPPI MODONA "
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, promosso con ordinanza emessa il 1° dicembre 1995 dal T.A.R. del Lazio, sezione distaccata di Latina, sul ricorso proposto da Abbioui Abderrahim contro la Prefettura di Frosinone, iscritta al n. 1349 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Udito nella camera di consiglio del 2 luglio 1997 il Giudice relatore Francesco Guizzi.
Ritenuto in fatto
Nel corso del giudizio amministrativo per l’annullamento del decreto di espulsione dall’Italia di un cittadino marocchino, munito di passaporto, mai però "regolarizzatosi", il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39.
Tale disposizione, ad avviso del Collegio, configurerebbe l’espulsione come un atto dovuto senza discriminare quelle situazioni che riflettono casi umani disperati, negando loro qualsiasi tutela. La questione, soggiunge il rimettente, non perderebbe la sua rilevanza, anche dopo l’emanazione del decreto-legge 18 novembre 1995, n. 489 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell’immigrazione e per la regolamentazione dell’ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all’Unione europea), e delle successive reiterazioni di esso.
Considerato in diritto
1. — Viene all’esame della Corte, con riferimento all’art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, perchè - nel prevedere l’espulsione dal territorio nazionale degli stranieri che violino le disposizioni in materia di ingresso e soggiorno - non discriminerebbe i casi umani più dolorosi, così negando loro tutela.
2. — La questione non é fondata.
Già con la sentenza n. 129 del 1995 questa Corte, sottolineando la distinzione fra le due figure di espulsione previste nel testo originario del decreto-legge n. 416 del 1989, convertito nella legge n. 39 del 1990, ritenne necessario garantire la valutazione di pericolosità sociale soltanto per la misura di sicurezza. Ora, il giudice a quo mira, attraverso la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, del citato decreto-legge n. 416 del 1989, a cancellare l’automatismo espulsivo per tutti coloro che entrino clandestinamente nel territorio dello Stato. E tanto perchè, in violazione dell’art. 3 della Costituzione, la disposizione censurata non prenderebbe in considerazione i casi meritevoli di maggiore attenzione.
Le ragioni della solidarietà umana non possono essere affermate al di fuori di un corretto bilanciamento dei valori in gioco, di cui si é fatto carico il legislatore. Lo Stato non può infatti abdicare al compito, ineludibile, di presidiare le proprie frontiere: le regole stabilite in funzione d’un ordinato flusso migratorio e di un’adeguata accoglienza vanno dunque rispettate, e non eluse, o anche soltanto derogate di volta in volta con valutazioni di carattere sostanzialmente discrezionale, essendo poste a difesa della collettività nazionale e, insieme, a tutela di coloro che le hanno osservate e che potrebbero ricevere danno dalla tolleranza di situazioni illegali.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme ugenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 novembre 1997.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Francesco GUIZZI
Depositata in cancelleria il 21 novembre 1997.