In caso di morte del cointestatario del conto corrente, l'altro cointestatario ha il diritto di riscuotere la metà delle somme depositate sul conto, in quanto gli appartegono iure proprio, e non in forza di successione ereditaria.
Pertanto, l'istituto bancario o postale non può rifiutare il pagamento, adducendo la necessità di avere atti a firma congiunta da parte di tutti gli eredi del de cuius.
Lo stesso principio vale anche nel caso di conto intestato ad uno solo dei coniugi, purchè sussista il regime della comunione legale.
In tal caso, per effetto della comunione legale, il coniuge non intestatario del conto è contitolare in via immediata degli "acquisti", fra i quali rientrano anche i diritti di credito e, quindi, i titoli, mentre per gli accantonamenti dei crediti strettamente personali, quali le somme depositate in conto corrente, la contitolarità nasce in a seguito dello scioglimento della comunione, trattandosi di comunione de residuo (ABF Roma, decisione del 22 aprile 2014, n. 2493).
In altre parole, vigendo il regime di comunione legale, il fatto che i contratti di conto corrente o i depositi bancari siano intestati ad uno solo dei coniugi non fa venir meno il predetto regime sulle somme e sugli altri beni che di tali contratti costituiscono l'oggetto; lo scioglimento della comunione legale, invero, attribuisce al coniuge superstite una contitolarità propria sulla comunione e, attesa la presunzione di parità delle quote, un diritto proprio e non ereditario sulla metà dei frutti e dei proventi residui, pur se già esclusivi del coniuge defunto (Cassazione, sentenza n. 4393/2011; ABF, decisione del 12 agosto 2019, n. 19359).
Al momento della morte del coniuge, si scioglie sia la comunione legale sui titoli in deposito presso la banca, sia la comunione differita - o de residuo - sui saldi attivi dei depositi in conto corrente.
Pertanto, l'attivo ereditario, su cui concorrono, oltre al coniuge superstite, anche gli altri coeredi è costituito soltanto dal 50% delle disponibilità bancarie.
È chiaro, dunque, che la banca non può trattenere presso di sé somme che sono di esclusiva titolarità del richiedente.
Il rifiuto dell'intermediario troverebbe giustificazione solo ed esclusivamente con riferimento alla liquidazione delle somme cadute in successione e non già rispetto alle somme che, in quanto sottratte alla successione ereditaria, rientrano nella titolarità esclusiva della richiedente.