Secondo le più recenti pronunce della Cassazione, la cittadinanza italiana non si perde in caso di naturalizzazione involontaria dell'antenato emigrato all'estero (Cassazione, sentenza 08/02/2024, n. 3564; Sezioni Unite sentenze nn. 25317 e 25318 del 24/08/2022).
Il problema si è posto in quanto nella legislazione italiana del 1865 era previsto che l'acquisto della cittadinanza straniera comportasse la perdita della cittadinanza originaria.
Questa regola, fissata dall'art. 11 n. 2 del codice civile del 1865 è stata confermata, con qualche modifica, dall'art. 8 della legge n. 555/1912 la quale prevede che perde la cittadinanza chi spontaneamente acquista una cittadinanza straniera e stabilisce o ha stabilito all'estero la propria residenza.
Orbene, secondo quanto precisato dalla Cassazione, tali norme - laddove stabilivano che la cittadinanza italiana fosse persa da colui che avesse "ottenuto la cittadinanza in paese estero" - vanno collegate a una spontanea diretta e consapevole manifestazione di volontà dell'interessato, e non a mere condotte neutre.
Ad esempio, l'aver semplicemente stabilito all'estero la residenza o la mancata reazione ad un provvedimento generalizzato di naturalizzazione (come ad esempio nel caso della grande naturalizzazione brasiliana), non sono elementi sufficienti ad integrare la fattispecie estintiva dello "status" per accettazione tacita degli effetti di quel provvedimento.
Pertanto, nei casi di cittadinanza iure sanguinis, laddove l'antenato italiano abbia acquisito la cittadinanza straniera senza un espresso atto di volontà, lo stesso antenato e i suoi discendenti devono essere riconosciuti cittadini italiani.